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Non volendo salare la pasta

11 Feb

Tempo fa ho attraversato la fase “pasta di sale”.

Avevo trovato questa pratica ricetta che permetteva di non cuocere i manufatti e la più alta espressione della mia creatività risalente a quel periodo è rappresentata nella foto qui sotto.

All’epoca qualcuno in famiglia aveva commentato “Veramente inquietanti”… ma nessuno aveva potuto negare che le ragazze fossero espressive!

Comunque, le avete riconosciute??

Nella remotissima eventualità che la risposta sia “no” alla fine del post c’è il link alla soluzione.

Intanto, ecco le indicazioni per questo particolare impasto che non risente dell’umidità:

  • una tazza di maizena
  • una tazza di colla vinilica
  • un cucchiaio da tavola di olio di vaselina
  • un cucchiaio di succo di limone
  1. Versate le dosi indicate in una pentola antiaderente e mescolate l’impasto su fuoco moderato fino a che il prodotto aderisce alle pareti senza attaccarsi.
  2. Aspettate che si raffreddi lentamente e manipolate la pasta fino a che non vi siano grumi e si stacchi facilmente dalle mani.
  3. Colorate l’impasto con i colori a tempera o dipingete il modello dopo l’asciugatura.

Gli oggetti realizzati non hanno bisogno di essere cotti in forno, basta lasciarli asciugare per 48 ore circa, e sono molto resistenti.

La pasta non utilizzata si conserva in un sacchetto di plastica.

Ora l’inutile link alla soluzione del quiz.

Quando fa freddo

25 Gen

Sono giornate fredde.

Mi fanno venir voglia di dormite, tè, film, letture e… pantaloni di lana!

Vi riporto un brano dell’ultimo libro che ho letto. Dei romanzi di Paasilinna mi restano nel cuore, ogni volta, le foreste, il freddo, l’umanità dei personaggi e l’enorme quantità di alcol bevuto… tanto per ricordarmi che questo di Roma non è il freddo vero!

Buon calduccio a tutti!

***

Se ne stettero nella pace di quel mondo silente, godendosi l’estate e conversando dei problemi del vivere umano mentre osservevano la natura. Ogni tanto prendevano un goccio di vino, sedevano sul pontile con le lenze in mano e fissavano il lago. Il colonello Kemppainen si stupì della maniera singolare che aveva Rellonen di sprecare gli alcolici: appena la bottiglia era vuota per due terzi, vi rimetteva il tappo e, se il vento tirava dalla riva, la lanciava nel lago. La bottiglia prendeva il largo beccheggiando, per raggiungere prima o poi la riva opposta. La traversata era di qualche chilometro, e il mittente di quel messaggio alcolico non poteva sapere dove sarebbe approdato.

“Quasi tutti i proprietari di case qui fanno la stessa cosa. E’ prassi lasciare un terzo in fondo alla bottiglia prima di rimetterla in circolo”, spiegò Rellonen.

Il colonnello non si capacitava ancora di quello spreco. L’alcol in Finlandia è caro: come si poteva gettarlo in
acqua?

Rellonen spiegò che si trattava di un metodo ben sperimentato di mantenere buoni rapporti coi vicini. Qualcuno l’aveva iniziata un po’ per caso già da qualche tempo. Dall’estremità del suo pontile la prima bottiglia era stata vista galleggiare con il suo carico alcolico sette anni addietro. Cognac Charante, di ottima qualità. Era giunto veleggiando a perfetto proposito una mattina di agosto per alleviargli i postumi di una sbornia. Appena la rivendita di alcolici aveva aperto, Rellonen aveva pagato il suo debito con il lago dell’Ebbro.

Di tanto in tanto, e sempre più frequentemente negli ultimi anni, sulla riva erano comparse altre bottiglie. L’abitudine poco alla volta si era propagata su tutte le sponde del lago. Ma di questo non si faceva parola, era il tacito segreto dei vacanzieri del lago Ebbro.

“L’estate scorsa ho ricevuto tre bottiglie di sherry e, poco prima che il lago ghiacciasse, una bottiglia di vodka e una di acquavite. Erano così piene che galleggiavano a stento. Cose così ti scaldano il cuore. Ti fanno credere che dall’altra parte del lago viva un’anima gemella, un generoso amante del buon cognac, o anche un accanito bevitore di vodka, che abbia avuto un pensiero per un amico sconosciuto sull’altra riva.”

***

Arto Paasilinna – Piccoli suicidi tra amici